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  • Siria, 03.03.2023. Consacrazione dell'arcivescovo Jacques Mourad a Homs. (Foto: «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)»)
  • Incontro con Jacques Mourad, arcivescovo siriaco cattolico di Homs. È stato prigioniero dell'ISIS per 5 mesi nel 2015. È stato ordinato vescovo nel 2023. (Foto: «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)»)
  • Bambini della scuola di Al-Riaya. La scuola Al-Riaya si trova nella periferia di Damasco. È gestita dalle Suore della Carità di Besançon (Suore della Divina Carità) e appartiene al patriarcato greco-melchita. (Foto: «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)»)
  • Case distrutte a Homs, Siria. (Foto: «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)»)

Siria: emigrazione, sanzioni e corruzione

Nel marzo 2023, Padre Jacques Mourad, ex ostaggio di terroristi islamici, è stato nominato Arcivescovo siro-cattolico di Homs, in Siria. Recentemente ha ospitato una delegazione di «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)» e ha parlato delle sfide attuali del suo Paese, del perdono e della dedizione fiduciosa a Dio.

La guerra in Siria sembra essere congelata, eppure la popolazione siriana continua a vivere in circostanze molto difficili. Secondo l’Arcivescovo Jacques Mourad, fra le sfide prioritarie per la Siria vi è «soprattutto l’istruzione, che attraversa una crisi molto grave e delicata. Tutti i nostri bambini e giovani nelle scuole e nelle università ne sono colpiti. L’istruzione - aggiunge il prelato - è il futuro del nostro Paese, i bambini e gli insegnanti hanno diritto a un buon ambiente di lavoro, ma gli stipendi degli insegnanti – solo 18-20 euro al mese – sono al di sotto del livello della dignità umana. Le gravi sfide che il nostro Paese deve affrontare sono il risultato delle sanzioni oppressive contro la Siria, che colpiscono direttamente la popolazione, e della corruzione», spiega Mons. Mourad. 

L’emigrazione esito della perdita di speranza
Un’altra grande fonte di preoccupazione è l’emigrazione di massa. «Vediamo famiglie che lasciano la Siria perché vogliono garantire una vita migliore ai propri figli. Hanno perso la speranza e la fiducia in questo Paese e non vogliono che i loro figli vivano in una nazione in cui non sono al sicuro. Sono tanti anche i giovani che scelgono di emigrare, e anche questo pone notevoli problemi. Poiché la maggior parte di loro sono uomini, le giovani donne cristiane finiscono per sposare dei musulmani e poi devono convertirsi: questa è la legge. Spesso lasciano indietro gli anziani che necessitano di cure». 

Mons. Mourad è un monaco della comunità Deir Mar Musa e prima di essere nominato Vescovo ha vissuto nel monastero di Mar Elian. «Durante la guerra la maggior parte delle case dei cristiani nella vicina An-Nabk furono distrutte, ma nessuno lasciò la città, perché con il sostegno di diverse associazioni di beneficenza, come «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)», abbiamo aiutato molto rapidamente le persone a ricostruire le loro case. E abbiamo poi lanciato una serie di progetti a favore dei bambini e dei ragazzi. È stato facile essere vicini alla popolazione locale poiché nella zona c'erano solo circa 125 famiglie cristiane. Tuttavia - aggiunge il prelato -, penso che il lavoro ad An-Nabk dovrebbe essere un esempio per tutte le nostre Chiese in Siria. Non dobbiamo limitarci a distribuire cibo, ma anche dare vita a diversi progetti – la scuola, la musica e l’arte, per esempio – affinché le persone sentano di avere diritto alla vita. Questo tipo di aiuto può far sì che le persone smettano di pensare all’emigrazione. Tuttavia è necessario che Vescovi, sacerdoti e laici lavorino insieme». 

La prigionia e il perdono
Nel 2015 l’attuale Arcivescovo di Homs è stato tenuto in ostaggio dai terroristi islamici per cinque mesi, subendo notevoli sofferenze. Il prelato racconta ad «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)» come sia possibile il perdono dopo esperienze così sconvolgenti. «Il perdono non è qualcosa che noi stessi possiamo “creare”. Il perdono significa dare un posto nel nostro cuore a Dio, affinché Egli possa perdonare in noi. Come ha detto Gesù sulla croce: “Padre, perdona loro!”. Ogni volta che un terrorista entrava nel bagno in cui ero tenuto prigioniero, provavo compassione per lui. Sebbene dovessi confrontarmi anche con rabbia e altre forti emozioni, in quel momento non provavo alcun sentimento del genere, ma solo compassione. Occorre molta umiltà per accettare che noi stessi non siamo capaci di una cosa del genere. Tutto ciò di cui siamo capaci viene da Dio. Compreso il perdono». 

Di certo un’esperienza simile lascia una traccia duratura. «La cosa più importante che ho imparato da quel momento è stata affidarmi con fiducia alle mani di Dio. Da quando cammino con il Signore, recito ogni giorno questa preghiera di Charles de Foucauld, e i cinque mesi trascorsi in ostaggio mi hanno dato l’opportunità di viverla in modo molto concreto: 

Padre, mi abbandono nelle Tue mani
Fai di me quello che vuoi. 
Qualunque cosa Tu possa fare, Ti ringrazio. 
Sono pronto a tutto, accetto tutto. 
Sia fatta solo la Tua volontà in me e in tutte le tue creature. 
Non desidero altro che questo, o Signore. 
Nelle Tue mani raccomando l'anima mia. 
Te la offro con tutto l’amore del mio cuore, perché Ti amo, Signore, 
e quindi ho bisogno di donarmi, di abbandonarmi nelle Tue mani, 
senza riserve e con fiducia sconfinata, perché Tu sei mio Padre.

Il ruolo dei cattolici laici nella Chiesa
Descrivendo il ruolo della Chiesa, l'Arcivescovo di Homs afferma che si ha «una grande responsabilità. Tuttavia non possiamo aiutare ovunque. In questi pochi mesi come Vescovo, ho notato quanto siamo deboli e impotenti come Chiesa e come Vescovi. Sono d'accordo con il Papa che abbiamo bisogno dell'aiuto dei laici. Perciò è bello avere qui in Siria la presenza concreta, “incarnata” di organizzazioni come «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)», che testimoniano il vero amore, la solidarietà». La Chiesa che è in Siria si impegna a sostenere le persone nei loro bisogni più essenziali. È tuttavia necessario evitare il rischio di trasformarsi in una ONG. «C'è soprattutto il pericolo che le persone diventino troppo dipendenti dall'aiuto della Chiesa. Ed è davvero importante che i sacerdoti siano liberati da attività che potrebbero essere definite di servizio sociale. Per questo è importante avere un comitato di laici che gestisca i vari progetti. Dobbiamo coinvolgere di più anche i giovani e dare loro fiducia. Apprezzo molto il loro impegno. Hanno idee nuove e rigeneratrici e ne abbiamo bisogno per plasmare il futuro», conclude l’Arcivescovo.