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  • Il sacerdote Joseph Bature Fidelis (a sinistra) in un campo per madri e bambini sfollati nella diocesi di Maiduguri. (Foto: Aiuto alla Chiesa che Soffre.)
  • Il vescovo Oliver Dashe Doeme posa la prima pietra del Centro di sostegno alle persone traumatizzate della diocesi di Maiduguri. (Foto: Aiuto alla Chiesa che Soffre.)
  • Donna nigeriana con bambino (Foto: AIUTO ALLA CHIESA CHE SOFFRE/Jaco Klamer).

Nigeria: Sophia ha di nuovo una voce

Una vittima del terrore di Boko Haram lotta per tornare alla sua vita.

La ventunenne Sophia [nome modificato dalla redazione] non dimenticherà mai quel giorno di novembre del 2018: lo rivive in continuazione ancora oggi.

All'epoca, la giovane donna viveva in una fattoria nel nord-est della Nigeria, a pochi chilometri dalla capitale provinciale di Maiduguri. Sophia, sua sorella minore e i loro genitori stavano lavorando all’aperto quando dei giovani venuti in moto hanno circondato la fattoria. Poi hanno preteso che il padre consegnasse le ragazze, pena la morte.

Quello che è successo in seguito è difficile da esprimere a parole: in seguito al rifiuto, da parte del padre, di consegnare le sue figlie, Sophia si ritrovò la sua testa tra le mani. Gli aggressori lo avevano decapitato. Sophia svenne.

"Nella costante paura di essere uccisa"

"Da allora ha avuto dei flashback [ricordi traumatici; ndr] e vive nella costante paura di essere uccisa", ha detto Joseph Bature Fidelis ad «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)». Il prete possiede una laurea in psicologia clinica e si prende cura della giovane donna.

Con il crudele assassinio di suo padre, il martirio di Sophia non finì - al contrario. Dopo un lungo periodo di incoscienza, si svegliò nella giungla: i giovani l'avevano portata in un campo del gruppo terroristico Boko Haram. Il sacerdote e terapeuta non descrive nei dettagli l'orrore che Sophia ha vissuto. Dice solo questo: "È stata ripetutamente torturata e abusata in ogni modo possibile".

Torturata e abusata

Alla fine, riuscì a fuggire. Ferita, esausta e sofferente, incontrò un uomo anziano, che l’aiutò a mettersi in salvo. Sophia, tuttavia, non riusciva a ricordare dove si trovasse la casa dei suoi genitori. Ci sono volute ore prima che i frammenti della sua memoria si riunissero e potesse essere riportata dalla sua famiglia.

"In quel momento, Sophia non era in grado di parlare né di spiegare quello che era successo", racconta Joseph Bature Fidelis. Sua madre l'aveva portata da lui. "Vedeva fantasmi e persone senza testa. Aveva allucinazioni e pensieri angoscianti".

Sophia è una delle tante vittime di Boko Haram che ricevono aiuto al Centro di sostegno alle persone traumatizzate della diocesi di Maiduguri. «Aiuto alla Chiesa che soffre (ACN)» sostiene l'iniziativa per permettere la guarigione a coloro che sono stati feriti nello spirito. Joseph Bature Fidelis lavora lì. Ben presto verranno costruiti dei nuovi edifici: i lavori di costruzione sono già iniziati.

Un servizio di supporto psicologico si prende cura delle persone traumatizzate

Ci sono molte storie come quella di Sophia nel nord-est della Nigeria. Per anni, la regione è stata afflitta da milizie terroristiche jihadiste. I musulmani ne soffrono tanto quanto i cristiani. "A causa di Boko Haram, molte persone hanno perso la vita. Molti sono stati sfollati e vivono nei campi", dice il sacerdote.

Ma non si tratta solo di aiuto psicologico, sottolinea Joseph Bature Fidelis. Il Centro aiuta gli sfollati anche a ritrovare il loro posto nella vita e a integrarsi: "Lavoriamo con tutte le parti interessate per sensibilizzare sul rischio di stigmatizzazione e sulla necessità di integrazione sociale".

Accompagnare sulla strada verso una vita ragionevolmente normale

Il sostegno di «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)» a questo servizio ha aiutato centinaia di persone a ricominciare da capo dopo gli orrori perpetrati da Boko Haram.

Sophia, oggi, sta molto meglio: ha beneficiato di farmaci e terapia, le allucinazioni sono scomparse, mangia di nuovo meglio e dorme normalmente. Ha fatto grandi progressi verso una vita più o meno normale e attualmente lavora come sarta. Si reca regolarmente al centro traumatologico per l’assistenza post-cura.

Ha grandi progetti per il futuro: "Ha chiesto di poter continuare la sua formazione perché aveva solo un certificato scolastico di base e ora si è iscritta agli esami di ammissione per poter poi studiare all'università", riferisce Joseph Bature Fidelis. Boko Haram non deve avere l'ultima parola.

Sostenga il lavoro della diocesi di Maiduguri a favore delle persone traumatizzate e l'impegno della Chiesa della Nigeria per le persone colpite dal terrore e dalla violenza! Nel 2020, «Aiuto alla Chiesa che soffre (ACN)» ha sostenuto progetti in Nigeria con 1,9 milioni di franchi.