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  • Padre Nicodemus Schnabel, abate dei Benedettini di Gerusalemme, Terra Santa, durante un'intervista presso la sede di Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN) a D-Königstein im Taunus. (Foto: «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)»)
  • Gaza, distruzione dopo un bombardamento, dicembre 2023. (Foto: «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)»)
  • A causa delle violenze e della situazione politica, la polizia israeliana ha informato «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)» che nel 2024 i cristiani che hanno partecipato alla processione della Domenica delle Palme sono stati molto meno del solito. (Foto: «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)»)
  • Gerusalemme: la Cupola della Roccia e il Muro del Pianto. (Foto: «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)»)

L'abate benedettino Nicodemus Schnabel in Terra Santa: "Non sono né per Israele né per la Palestina. Sono a favore dell'umanità".

Sei mesi dopo il devastante attacco di Hamas e l'inizio dell'offensiva israeliana a Gaza, l'abate Nicodemo ha sottolineato l'urgenza di guardare al conflitto da una prospettiva umanitaria. Il suo messaggio trascende i confini religiosi e politici.

Alla luce del conflitto israelo-palestinese in corso, Nicodemus Schnabel, abate benedettino dell'Abbazia della Dormizione sul Monte Sion a Gerusalemme e del priorato di Tabgha sul Mar di Galilea, sottolinea l'importanza di un approccio cristiano a questo conflitto in un'intervista con l'organizzazione umanitaria cattolica «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)». "La gente muore mentre il mondo guarda come se si trattasse di una semplice bandiera che sventola per una squadra o per l'altra. Ma questa è una realtà straziante", dice l'abate, "non è una partita di calcio. Non si tratta di chi conquista punti, di chi ha le storie più impressionanti e le foto migliori", lamenta.

La triste verità, come sottolinea l'abate Nicodemo, è che molte persone si sono schierate senza comprendere la complessità del conflitto: "Viviamo in un'epoca di polarizzazione. Ci si aspetta che si prenda una posizione chiara e si facciano accuse, ma se lo si fa, si fa parte di questo gioco. La realtà è molto complicata, con numerose 'note a piè di pagina' e 'parentesi, quadre e non'". Per questo l'abate della Basilica della Dormizione sottolinea con fermezza: "Non sono né per Israele né per la Palestina. Sono a favore dell'umanità. Questa è la mia posizione teologica". Nell'intervista, spiega la convinzione condivisa da cristiani, ebrei e musulmani che ogni essere umano è creato a immagine di Dio e quindi merita dignità e rispetto, indipendentemente dalla sua nazionalità o religione.

I cristiani soffrono tra due campi polarizzati

Il monaco benedettino evidenzia la pericolosa narrazione di entrambe le parti e ne sottolinea le tragiche conseguenze: "Non li chiamano esseri umani. Dicono: 'Non sono esseri umani, sono mostri, bestie travestite da esseri umani'", spiega ad «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)». "C'è una pericolosa tendenza a disumanizzare l'altro. Si parla di 'neutralizzare' le persone. Non dicono 'uccidere'. Dicono 'vittime', riferendosi alle vittime come se fossero solo una statistica. Nascondono il fatto che si tratta di esseri umani che muoiono per mano di altri esseri umani".

L'abate benedettino sottolinea le sfide che i cristiani devono affrontare in questa regione, caratterizzata da decenni di divisione, violenza e conflitto politico tra israeliani e palestinesi. "Molti pensano che Israele sia sinonimo di ebraismo e di mondo occidentale, mentre i palestinesi sono sinonimo di islam e di mondo orientale; ma i cristiani, pur costituendo solo una piccola percentuale, stimata in meno del 2% della popolazione, di solito non riflettono questa immagine e soffrono delle divisioni che sono state esacerbate dalla guerra. In realtà, siamo vittime di entrambe le parti", spiega l'abate Nicodemo. E aggiunge: "Ho la sensazione che alcune persone pensino che senza i cristiani il caso sarebbe più semplice, perché allora si ha davvero questa meravigliosa rappresentazione in bianco e nero del conflitto, ma i cristiani sono da entrambe le parti e complicano la narrazione di una chiara divisione tra due forze opposte".

Il messaggio cristiano del perdono

La comunità cristiana in Israele e Palestina, spesso ignorata ed emarginata sia all'interno che all'esterno del Paese, svolge tuttavia un ruolo molto importante secondo l'abate, in quanto è l'unico gruppo religioso che pone il messaggio di compassione e perdono al centro del suo annuncio. "Sentiamo il dolore e la sofferenza con le persone di questa e di quella parte. Abbiamo lacrime per entrambi". Il monaco benedettino invita quindi a cambiare prospettiva e sottolinea che ogni vita, anche quella di un peccatore o di un criminale, è creata a immagine di Dio. Questa convinzione comune alle tre religioni dovrebbe servire a ricordare la dignità e il valore intrinseco di ogni essere umano e a evitare che la guerra consideri le persone solo in termini di politica geostrategica o militare.

"Il mio punto di riferimento sono le Sacre Scritture, la Bibbia, in cui ho imparato dal mio Signore Gesù Cristo che dovrei pregare per le persone che mi odiano e anche pregare per i colpevoli. Dire questo oggi è uno scandalo, ma io prego per i terroristi e per tutti coloro che sono coinvolti in questo conflitto", dice l'abate Nicodemo.