CENTINAIA DI VOLONTARI DI «Aiuto alla Chiesa che soffre (ACN)» AIUTANO GLI SFOLLATI UCRAINI IN POLONIA
Subito dopo l’inizio della guerra centinaia di volontari si sono presentati nella sede polacca della Fondazione e da allora l'Ufficio è rimasto aperto giorno e notte. La sede di «Aiuto alla Chiesa che soffre (ACN)» si trova proprio accanto alla Stazione Centrale, il che ha favorito l’accoglienza degli sfollati terrorizzati ed esausti. Le persone che scendono dai treni vengono immediatamente informate dai volontari circa il luogo in cui possono ricevere aiuto. Julka, una dei volontari di lunga data di «Aiuto alla Chiesa che soffre (ACN)» Polonia, è stupita dall'intensa attività di tutti i volontari: «Ce ne sono così tanti e a volte lavorano 24 ore al giorno». Tra le persone che aiutano i rifugiati c'è Damián, un seminarista, che viaggia ogni giorno dal seminario maggiore Salvatoriano di Bagno, a circa 40 km da Breslavia. «La metà dei seminaristi ha dato una mano in questi giorni», spiega.
I volontari si iscrivono al gruppo Facebook “Help for Ukraine - PKP Wrocław”, attraverso il quale si scambiano le informazioni organizzative e quelle relative ai beni necessari, ad esempio coperte, sacchi a pelo, bende, articoli sanitari, pannolini, calzini e scarpe per bambini, cibo con indicazione della scadenza. Grazie all'aiuto dei volontari tutto ciò che arriva negli uffici di «Aiuto alla Chiesa che soffre (ACN)» viene debitamente accatastato e classificato. La quantità di aiuti ricevuti da benefattori e amici è stata così grande da richiedere l’apertura di un ulteriore magazzino fuori città. Nel frattempo, le prime spedizioni verso l’Ucraina di generi alimentari urgenti sono già state effettuate.
Gli Uffici di «Aiuto alla Chiesa che soffre (ACN)» a Breslavia sono denominati “Stazione di dialogo”. «I proprietari di ristoranti vengono da noi portando zuppe e panini e molte persone stanno offrendo il loro aiuto per cucinare zuppe e stufati», racconta la volontaria Julka. In questo modo gli sfollati in arrivo possono ricevere immediatamente un pasto caldo e trovare un luogo dove riposare. C'è anche un’area speciale per madri e bambini, oltre a due centri, uno di assistenza medica e un altro di supporto psicologico gestito da Andżela, una donna ucraina che vive a Breslavia da due anni. «Le persone che arrivano qui sono traumatizzate. Non sanno cosa riserva loro il futuro e sono profondamente angosciate. Spiego loro che sono in buone mani». Ovunque c'è una risposta di grande gratitudine, e Julka racconta come gli sfollati chiedano costantemente il suo numero di telefono, «perché vogliono invitarmi in Ucraina quando tutto tornerà alla normalità».